Cima Busazza - Via Sogni e incubi

500 metri di sviluppo M6+, AI 5

Il 28 novembre 2020 con Rolando Varesco abbiamo fatto la prima ripetizione di questa bellissima via. Sogni ed incubi è stata aperta dai fratelli Tomas e Silvestro Franchini nel maggio del 2013, in condizioni molto diverse rispetto a quelle che abbiamo trovato noi. Su tutti nel terzo tiro, dove abbiamo arrampicato su una magnifica e perfetta colata di ghiaccio che ricopriva una ripida placca di granito. Gli apritori invece hanno scalato quel tratto interamente su roccia, seguendo inizialmente un diedro e poi traversando in placca con difficoltà di M6, per trovare del ghiaccio solo svariati metri più in alto. 

Abbiamo salito la via in giornata partendo da Trento. A causa del coprifuoco, che vietava la circolazione la notte, dalle 22 alle 5 del mattino, siamo stati costretti a partire da Trento dopo le cinque. Quando abbiamo iniziato l'avvicinamento, c'era già luce piena. In realtà in quel momento non lo vedevo un grande problema, la via non è lunghissima e presenta solo due tiri impegnativi, ero sicuro che non avremo avuto problemi ad arrivare in cima con la luce. Anche fare la discesa al buio non mi preoccupava. Questa era la prima vera avventura alpinistica dopo l'operazione alla colonna vertebrale, solo io so quanto ho sognato e aspettato quel momento.

Alla vista della parete, capimmo subito che avremo trovato delle condizioni veramente speciali, già dalla strada notammo la colata di ghiaccio perfettamente formata sul terzo tiro! Improvvisamente ci rendemmo conto che ci stavamo dirigendo su qualcosa di ancora più speciale ed eccitante di quanto immaginavamo. Questo non fece altro che darmi un'ulteriore botta di adrenalina, avrei spaccato in due il mondo in quel momento. 

Dall'attacco della via ci separavano ben 1.200 metri di dislivello, dovevamo andare più velocemente possibile, non avevamo alternativa. Vista la poca neve del periodo, decidemmo di non portarci gli sci. Ci avviamo, era presente una buona traccia sulla strada forestale, ma quando deviammo in direzione della parete, iniziammo a sprofondare continuamente fino alla vita. Capimmo subito di aver fatto un grave errore a non portare gli sci. Ma ero talmente carico di adrenalina, che più andavo giù, con più forza e motivazione mi tiravo su e proseguivo. Continuavo a guardare la parete con la splendida colata di ghiaccio, quel giorno nulla avrebbe potuto fermarmi. Nella parte alta, piuttosto che continuare a sprofondare nella neve, salimmo slegati una cascata di ghiaccio, le cui difficoltà erano da valutare almeno WI 3, che ci permise di accorciare il percorso. Per evitarla avremo dovuto fare un largo giro nella neve profonda, ed oltre alla gran fatica, avremo impiegato almeno mezzora in più. Purtroppo terminata la cascata, riprendemmo miseramente a sprofondare in neve sempre più alta, ma ormai eravamo vicini all'attacco. Raggiunta la base della via avevamo le gambe cotte, ed eravamo davvero sollevati che l'agonia fosse terminata. Nonostante avessimo tirato per tutto l'avvicinamento al massimo delle nostre possibilità, impiegammo tre ore ed un quarto ad arrivare sotto la via, ed io attaccai il primo tiro quando erano già le undici di mattina.
Nella fretta dettata dall'ora tarda, sbagliai diedro, attaccandone uno troppo a destra, che per conformazione era praticamente identico all'originale. Poco male, anche le difficoltà rimasero intorno all'M6+, proprio come il tiro originale. Ero veramente felice di iniziare a scalare e di sentire finalmente stridere le lame delle picche mentre le torcevo nella fessura di granito. Tale fessura era il passo chiave e consentiva di raggiungere un diedro apparentemente più facile. Una volta dentro il diedro smaltato di ghiaccio, rimasi incredulo nel constatare che il ghiaccio nel fondo del diedro era talmente perfetto ed abbondante che potevo proteggermi con le viti da da 16 cm! Lo scalai con gusto, trovandolo ancora più bello del diedro di Beyond Good and Evil, ed era anche più difficile, visto il passaggio fatto prima sulla fessura. Più in generale, non credevo ai miei occhi da quanto buone fossero le condizioni, ovunque la parete era smaltata dal ghiaccio. Dopo sessanta metri di fantastica arrampicata, feci sosta. Fu li che mi accorsi che avevamo attaccato troppo a destra, vedevo l'inconfondibile colata di ghiaccio del terzo tiro un po' troppo lontana. Rolando dovette così traversare per sessanta metri su placche di ghiaccio verticale per riagganciarsi alla via giusta. Ne venne fuori una lunghezza davvero spettacolare, quindi non avevamo proprio motivo di lamentarci dell'errore! Toccò così a me il privilegio di salire lo spettacolare terzo tiro. Quando Rolando mi raggiunse in sosta, proseguimmo il resto della via in conserva, alternandoci al comando. Le difficoltà calarono. Quando bucammo la cornice sommitale, venimmo illuminati dalla luce del tramonto, non tirava un filo di vento e la luna piena era già ben visibile alla nostra sinistra. Ci gustammo pienamente e senza più fretta il momento, col passare dei minuti la luce si faceva sempre più arancione, man mano che il sole spariva dietro le montagne. Era tutto il giorno che tiravamo senza sosta, una piccola pausa era esattamente ciò di cui avevamo bisogno. Solo una volta terminato lo spettacolo iniziammo la discesa per il canale ovest e poi giù fino alla forestale dove ritrovammo le nostre tracce di salita. Una pizza da asporto consumata in macchina era il nostro premio.

Penso che una giornata così non la dimenticherò, ho scalato e scalerò vie più lunghe e difficili di questa, ma per via dell'operazione alla colonna vertebrale, questo ritorno all'avventura per me era veramente carico di significati. 

In rosso il tracciato originale, in verde la linea seguita da noi per errore ed il terzo tiro sulla colata di ghiaccio.