Cima Tosa - Selvaggia sorte(variante Papert/Lindič)

Circa 600 metri di sviluppo; WI 5+; M5+; X.

Il primo dicembre 2020 con Claudio Marchetti abbiamo fatto la seconda ripetizione della via e la prima ripetizione della variante di  Ines Papert e Luka Lindič.
Tomas Franchini e Alessandro Lucchi avevano aperto questa via nel 2013, valutandola M5+ e WI5+. Arrampicarono principalmente su roccia per poi entrare in una bella e impegnativa goulottina nella parte alta. Il primo gennaio 2019 venne ripetuta dai forti alpinisti Ines Papert e Luka Lindič, che salirono una linea diretta su una spettacolare colata di ghiaccio non formata quando fu aperta la via e valutarono questa variante M6 e WI6+. A dimostrazione della variabilità delle condizioni delle vie di misto, sulla stessa via, ogni salita può essere totalmente diversa dalla precedente.

Non avevamo un piano su quale tra le due linee avremo voluto scalare, neanche quando abbiamo attaccato la via, perché siamo arrivati all'attacco al buio e non siamo neanche riusciti a vedere se in alto ci fosse o meno del ghiaccio. Sapevamo solo che qualcosa c'era, perché lo avevo intravisto in lontananza dalla strada che porta a Madonna di Campiglio qualche settimana prima della nostra salita, ma era talmente lontano da risultare impossibile fare una qualsiasi previsione. Abbiamo semplicemente valutato tiro dopo tiro la logica di ciò che trovavamo davanti a noi e siamo finiti esattamente sulla linea di Papert e Lindič, anche se le condizioni erano molto diverse da quelle trovate da loro due anni prima. Come loro, anche io ho attaccato il grande camino, scalandolo per sessanta metri esatti, il ghiaccio mancava del tutto, ma in compenso la roccia offriva ottimi agganci per le picche e mi sono veramente divertito nell'arrampicata. Dalle foto di Papert e Lindič si vede invece che dentro il camino era tutto ricoperto di ghiaccio. Anche il tiro successivo che ha salito Claudio era quasi esclusivamente su roccia, solo alla terza lunghezza abbiamo finalmente iniziato a scalare su ghiaccio. Eravamo molto felici di trovarlo, perché appunto non avevamo la minima idea se ci fosse o meno già così in basso. Le condizioni però si sono rivelate veramente pessime, ghiaccio sottile, scollato e di cattiva qualità, ma forse era fattibile e mi sembrava valesse la pena tentare. Ogni passo andava pensato e ripensato, il ghiaccio era davvero appena sufficiente per poterci arrampicare e proteggersi richiedeva la giusta dedizione. Questo voleva dire che l'arrampicata era diventata molto lenta, ogni tiro richiese tempo. Sulla quarta lunghezza, Claudio dovette scalare per una settantina di metri circa, perché prima era impossibile trovare un posto sicuro dove fare sosta. Dunque per una decina di metri abbiamo arrampicato in simultanea, ed era uno dei tiri più difficili di tutta la via. Insomma, le difficoltà non erano mai estreme, ma la situazione era delicata, anche se avevamo sempre il pieno controllo.
Siamo arrivati in cima con le ultime luci del giorno, ci siamo rifocillati mangiando e soprattutto reintegrando liquidi, sciogliendo della neve con il nostro fornelletto. Al buio, trovare l'imbocco della discesa per la Via Migotti sull'ampio pianoro della vetta è stata un'altra avventura a parte. Per fortuna anche li siamo riusciti a cavarcela, ma insomma, una volta in cima non abbiamo assolutamente potuto allentare l'attenzione. Solo una volta raggiunta la Bocca d'Ambiez potevamo darci il cinque e dire di avercela fatta.

Claudio in partenza di quello che si rivelerà un tiro lungo 70 metri.

La foto è di I. Papert e L. Lindič risalente all'inverno 2018/2019. Ho aggiunto i metri dei tiri per come li abbiamo fatti noi.