Invernale sulla Parete Nord di C. Grande di Lavaredo

Il primo febbraio del 2016 con Luca Pasqualetto, abbiamo fatto la Comici-Dimai sulla parete nord della Cima Grande di Lavaredo. Fu una vera e dura invernale, in quel giorno, il mite inverno del 2016 non fu clemente con noi, manifestandosi in tutta la sua forza. Avevamo abbandonato il tepore del fondovalle solo dopo aver piacevolmente scalato la mattina in una soleggiata falesia di Arco. Avviandoci fino al bivacco invernale del Rifugio Auronzo, nella nostra incoscienza giovanile, non immaginavamo cosa ci stava aspettando. Passammo dal sole di Arco ad una fredda e mostruosa violenza, la notte infatti si è scatenato l'inferno, un vento fortissimo ci toglieva il respiro durante l'avvicinamento, ma la nostra motivazione ha prevalso e siamo andati su lo stesso. Non vedere neanche una nuvoletta sul cielo perfettamente azzurro ci fece ben sperare, ma scalammo martoriati costantemente dal vento. Inoltre la nostra inesperienza non ci aveva fatto pensare ad una soluzione per recuperare in qualche modo il pesante zaino, che così pesava sulle spalle del secondo di cordata, rallentandoci molto. Troppo... Nei traverso del terzultimo tiro, la situazione già molto dura, si fece critica, l'esile cengia era ricoperta di neve, mani e sopratutto piedi scivolavano e io che scalavo da primo, ormai quasi privo di energie da spendere, dovetti dare più di tutto me stesso per venirne fuori senza conseguenze disastrose. Anche perché ad un certo punto una mezza si incastra, dunque sono dovuto tornare indietro e rifare mezzo tiro al contrario per andarla a liberare. Andò bene alla fine, ma che paura ... Passammo dalla padella alla brace quando Luca, sempre su quel traverso, mentre si apprestava a raggiungermi in sosta, sbattendo probabilmente il casco contro una roccia, vide la sua frontale, che si era appena messo, inabissarsi verso i ghiaioni. Inoltre, essendo un traverso, il fatto che lui fosse il secondo non gli era tanto d'aiuto, anzi con il pesante zaino in spalla se la vide forse anche peggio di me. Il buio arrivò impietoso, e gli ultimi due tiri per arrivare in cengia li feci io, alla luce della mia frontale, fu una scalata infernale che non dimenticherò mai, al buio, tribolando tra rocce ricoperte di neve, senza aver chiaro dove andare. Quei terzi gradi erano diventati più difficili dei tiri chiave in basso, e, il povero Luca dovette farli al buio totale. Scoprimmo così che in inverno i tratti facili possono diventare un'incubo a causa della neve, difatti anche l'elementare rampa iniziale, ricoperta da tanta bianca polvere, ci fece perdere tanto tempo. 

In cengia eravamo salvi, non dimenticherò mai la gioia che provai quando mi ci tuffai letteralmente dentro. Non ci restava che aprirci delicatamente la strada nella neve che la intasava, dirigendoci verso la Via Normale. A questo punto io sarei voluto scendere subito a valle, conoscevo la strada, ma Luca, senza la sua frontale non si fidava, così improvvisammo un bivacco in un buco. Soltanto in quel momento ci rendemmo conto di come entrambi non saremo arrivati al lavoro la mattina seguente, così telefonammo i nostri rispettivi capi per avvisarli, quantomeno il cellulare prendeva bene. Il telo termico in cui mi ero avvolto durò giusto pochi minuti, presto si squarciò del tutto, diventando inutile. Senza più nessuna protezione oltre i vestiti, il tempo sembrava non passare mai, ogni tanto accendevo il fornelletto per fare acqua, nella speranza di scaldarmi un po, mentre Luca incredibilmente riusciva anche dormire. Sulle dita dei piedi mi porterò per un anno i segni di quella gelida notte, a dimostrazione che faceva veramente freddo quel giorno.

Poche foto e fatte con il mio storico vecchio cellulare a tastiera.

Nonostante la bella giornata, scalando a nord, a noi il sole non arrivò mai. Soprattutto dalle foto non si può vedere il vento tremendo che c'era quel giorno