La Rupal Valley è conosciuta quasi elusivamente per la famigerata parete Rupal del Nanga Parbat, che con i suoi 4.600 metri di dislivello, è in assoluto la parete più alta del mondo. Non esiste una via normale da questo versante, di conseguenza le spedizioni commerciali non frequentano questo lato della montagna. Quindi pochissimi alpinisti si avventurano in questa valle. Nonostante in realtà si raggiunge facilmente con un solo giorno di cammino. Inoltre, la Rupal Valley non è solo Nanga Parbat, ma offre anche salite di ogni genere di difficoltà su vette di 5.000 e 6.000 metri. Noi ci siamo concentrati proprio su queste vette "secondarie"
Il nostro campo base, si trovava a circa 3500 metri di quota, ma lungo tutta la valle ce ne sono altri tre. Tutti e quattro sono raggiungibili facilmente in uno o due giorni di cammino, a secondo da quale viene scelto, in base all'obiettivo della spedizione. Sono tutti generalmente su un idilliaco prato verde con ruscello. Il materiale viene caricato esclusivamente sugli asini, dunque niente carovana di portatori come spesso ci si immagina in questo genere di spedizioni. Dal momento in cui non è necessario impiegare tanti portatori per un solo giorno di cammino, ed i Pakistan per le vette sotto i 6.500 non si paga nessun permesso di scalata, i costi sono piuttosto contenuti rispetto a molti altri luoghi più conosciuti e frequentati. Tarishing è l'ultimo centro abitato che si raggiunge con i mezzi a motore prima del campo base. Nella valle sono presenti vari villaggi di pastori, che, totalmente lontani dalla moderna e caotica civiltà, vivono praticamente ancora come tanti secoli fa. Nella nostra esperienza abbiamo avuto ottimi rapporti con questa gente, la cui compagni anzi aiutava il trascorrere delle lunghe giornate di riposo al campo base.


Il mio compagno di questa avventura è stato Paolo Valentini, Aspirante Guida Alpina che ha appena terminato i corsi in Trentino. Doveva esserci anche un terzo componente nella spedizione, ovvero il mio più caro amico e compagno di cordata Francesco Cancarini, che purtroppo è venuto a mancare tragicamente in un incidente in montagna il 3 dicembre 2018, proprio mentre eravamo in piena programmazione della spedizione. 

Siamo partiti dall'Italia il 30 luglio e tornati il 12 settembre. La spedizione originariamente però doveva iniziare il 6 giugno, ma quando mancava una settimana alla partenza, sono stato ricoverato d'urgenza all'ospedale Santa Chiara di Trento e operato di appendicite. Fortunatamente, sia Paolo che io, potevamo spostare la spedizione ad agosto e così siamo potuti partire ugualmente per questa avventura.

Segue un diario fotografico della spedizione. 


DIARIO

Siamo atterrati ad Islamabad alle 4 di mattina del 31 luglio 2019. Il giorno 1 agosto un viaggio di 12 ore sul pulmino ci ha portati a Chilas, dove abbiamo dormito in albergo. Abbiamo percorso la lunghissima Kaghan Valley, bellissima valle caratterizzata dai boschi di cedro dell'Himalaya. Passiamo attraverso la città di Naran, uno dei principali luoghi turistici del Pakistan.

Lungo la strada appare un grosso cantiere, stanno costruendo una diga per sfruttare l'energia idroelettrica.

Un torrente montano si riversa direttamente sulla strada. Qui è possibile sfuggire per un attimo al caldo torrido, sedendosi al tavolo con i piedi a mollo nell'acqua fresca e gustare trota appena pescata al fiume sottostante. Geniale no? 

La lunghissima valle termina al Babusar Pass, a 4.173 metri, da qui si scende velocemente ai 1.265 metri di Chilas. Senza il sole fa piuttosto fresco.

Poco dopo, a Chilas invece sembra di essere in pieno deserto, mai nella mia vita avevo sentito una temperatura così alta. Non c'è vegetazione, ma lungo le rive dei corsi d'acqua secondari l'uomo ha creato delle splendide oasi verdi, ricche di alberi e ortaggi, altrimenti la vita qui sarebbe impossibile

Il nostro albergo è sulle rive del fiume Indo, un posto davvero meraviglioso.  

2 agosto: ci mettiamo in marcia di buon mattino, costeggiando inizialmente il fiume Indo, per poi deviare verso la valle di Astore. Al bivio appare per la prima volta il Nanga Parbat

Pausa tè lungo il fiume con Abbas Ali, ovvero la gentilissima guida che ci è stata assegnata

Arriviamo al villaggio di Tarishing, che a circa 3.000 metri di quota è l'ultimo abitacolo raggiungibile con i mezzi a motore; ed è anche il paese di Abbas, che gentilmente ci ospita nel suo hotel. Già qui siamo fuori dal mondo, i cellulari non prendono più.

3 agosto: andiamo a piedi verso il campo base entrando finalmente nella Rupal Valley. I portatori si muovono autonomamente con gli asini, mentre Paolo, Abbas ed io siamo scortati da un poliziotto armato di kalashnikov.

Questo è il villaggio di Tarishing visto  dall'alto.

Attraversiamo campi di grano, patate, mais e ortaggi; oltre al villaggio di Rupal, caratterizzato da abitazioni ben fatte e dall'aspetto particolarmente curato e moderno. Come questo sia possibile in un luogo così remoto è davvero incredibile.

Arriviamo all'Herrligkoffer Base Camp. Il posto è fantastico, alla base della Parete Rupal del Nanga Parbat, in un pratino verde dove scorre un limpido ruscello. Rimaniamo sbalorditi, la nostra casa per oltre un mese non poteva essere più bella.

In brevissimo tempo viene montato il campo base, per una spedizione di soli due componenti non occorrono molte cose ...

4 agosto: al mattino vediamo per la prima volta la Parete Rupal, il giorno precedente il Nanga Parbat era rimasto coperto dalle nuvole. 

Decidiamo di fare un piccolo sopralluogo, salendo un'antecima dritta sopra il campo base. Saliamo per ripidi prati fioriti e poi per sfasciumi, dopo 1.200 metri di dislivello arriviamo nel punto più alto dell'antecima, siamo all'incirca a 4.800 metri. Scendiamo in tempo per pranzo.

Da queste parti, alla quota che da noi sarebbe la vetta del Monte Bianco, non c'è traccia di ghiacciaio e si sale in scarpe da avvicinamento e maglietta a maniche corte! Nello zainetto mezzo litro d'acqua e uno spolverino da indossare giusto in vetta.

Il pomeriggio cambiamo improvvisamente programma! Dopo aver analizzato i nostri possibili obbiettivi con Abbas, che conosce la zona come le sue tasche, conveniamo che è molto meglio spostarci al Latobo Base Camp, che dista solo un paio di ore di cammino.

5 agosto: Attraversiamo un enorme ghiacciaio detritico che viene giù dal Nanga Parbat e davanti a noi appare una vasta area verde. Un altro piccolo paradiso nascosto!

Istalliamo il campo base nei pressi del Villaggio Latobo, a circa 3.500 metri di quota sul prato vicino alla sorgente del limpido ruscello. Questo posto forse è addirittura più bello dell'altro! Siamo sempre ai piedi della Parete Rupal, esattamente sulla verticale della via dei primi salitori(i fratelli Messner nella nota spedizione guidata da Herrligkoffer).
Ci congediamo con i portatori e il poliziotto, con noi rimangono Abbas, il cuoco(mi sfugge il nome) e Nadim, l'aiuto cuoco.

Vicino al campo base c'è anche un lago glaciale

6 agosto: il meteo è splendido, non approfittarne sarebbe un peccato, decidiamo così di tentare subito la prima vetta, senza fermarci a riposare neanche un giorno al campo base. Decidiamo di tentare il Rupal Peak, una vetta di 5.583 che a detta di Abbas è facile ed ideale per acclimatarsi.
7 agosto: arriviamo in vetta al Rupal Peak, qui i dettagli della salita

Al campo base ci troviamo davvero bene, Abbas, il cuoco e Nadim sono un trio simpatico e davvero in gamba. Il cibo è squisito e genuino, mai nella mia vita ho mangiato così in abbondanza(e bene) come durante questa spedizione.

Barbecue time: Paolo ed il cuoco

All'interno della tenda cucina e la dispensa

Momento di relax campo base

Anche se ci sono ampie porzioni di verdi prati come il nostro campo base, in realtà la valle è piuttosto arida e brulla. Al centro scorre un impetuoso fiume alimentato dai ghiacciai, ma attorno la vegetazione è quasi assente. Sono invece i corsi d'acqua più piccoli e marginali a creare i bellissimi scorci come quello del nostro campo base. Oltre ai prati, sparsi per le morene ci sono numerosi boschetti, composti principalmente da ginepri e salici, più rare invece le betulle. Pascolano numerose mandrie Dzo(un incrocio domestico tra yak e toro), capre, pecore e asini.

12 agosto: Da solo salgo sulla via Messner alla Parete Rupal del Nanga Parbat con l'idea di passare la notte intorno ai 5.000 metri. Salgo per 1.500 metri, quasi fin sotto al grande seracco, senza trovare un posto dove piazzare la mia tendina. Con le condizioni incredibilmente secche di quest'anno, manca del tutto la neve, dunque c'è solo roccia. Decido di bivaccare all'aperto, ricavandomi una piazzola spostando dei sassi. Quando ormai è buio e sono nel mio sacco a pelo da 700 grammi(+3 il confort dichiarato dalla ditta), però inizia a piovere, non ho voglia di passare la notte bagnato fradicio a 5.000 metri, così decido di scendere, rientrando al campo base durante la notte. La discesa al buio e con la roccia bagnata è stata piuttosto delicata.

16 agosto: Dopo un periodo di tempo instabile, con Paolo andiamo a dormire a 5.000 metri sulla Via Schell al Nanga Parbat. La mattina dopo scendiamo in fretta dato che ha cominciato a nevicare. Comunque non abbiamo assolutamente intenzione di tornare sulla Schell, il canale che si deve salire subito dopo il nostro bivacco scarica di continuo, è davvero troppo pericoloso. Questa notte a 5.000 metri è stata davvero importantissima per completare il nostro ambientamento, che ora si può dire completato.

Il 21 agosto abbiamo aperto una nuova via sull'Eran Peak, qui i dettagli

Al campo base assistiamo quotidianamente a partite di cricket, che in Pakistan diffuso come in Italia il calcio. I ragazzi e i bambini del villaggio giocano per ore con i "nostri" Abbas e Nadim, il campo base è diventato in fretta un punto di ritrovo per tutte le persone del villaggio.
Per due giorni su un prato distante 20 minuti dal campo base si è anche disputato un torneo tra i vari villaggi della zone, dove oltre al cricket si è giocato anche a calcio.

Ad un certo punto è stata costruita anche una rete per la pallavolo. 

I bambini del villaggio danzano. Era una delle pochissime giornate di pioggia in cui non si poteva fare nulla sulle montagne. Su 35 giorni al campo base, solo due volte ha piovuto.

25 agosto: Piuttosto che salire un'altra montagna decidiamo di esplorare il Nanga Parbat salendone un pezzo. Non abbiamo il permesso di scalata, dunque anche volendo, non possiamo tentare la vetta. Scartata la Via Schell, proviamo ad esplorare la via Messner. Oggi portiamo su un po di materiale all'incirca fino al punto dove qualche settimana fa ero salito da solo.

La meteo però non è dalla nostra, perché se in tutta la valle splende il sole, il Nanga Parbat dai 5.000 metri in poi rimane sempre avvolto dalle nuvole

3 settembre: la spedizione è agli sgoccioli, dunque decidiamo di recuperare il materiale lasciato su a 4.900 metri di quota sulla via Messner. Salgo da solo, ma arrivato al deposito proseguo fino a raggiungere quota 5.500 metri. Dopo i 5.000 metri il terreno era spesso molto ripido su ghiaccio, purtroppo la nebbia nell'ultima parte mi impediva di vedere qualsiasi cosa, ma avevo il GPS acceso che ha registrato tutta la traccia. Sono i primi 2.000 metri della Parete Rupal, saliti da solo e senza portarmi nulla, neanche la corda. Per essere ancora più leggero ho anche lasciato lo zaino con l'acqua al deposito, per recuperare poi tutto in discesa. Normalmente su una montagna, anche grande, dopo 2.000 metri sei come minimo a buon punto per arrivare in cima, ma sulla Parete Rupal del Nanga Parbat sopra la testa hai ancora 2.600 metri di parete, dunque non sei neanche a metà, ed hai salito la parte tecnicamente più facile ...
Nulla è stato lasciato sulla montagna, tutto è tornato a valle con noi.

5 settembre: termina la nostra spedizione, si torna alla civiltà, in breve tempo viene smontato il campo base. Salutiamo commossi i nostri amici del villaggio Latobo, qui abbiamo lasciato un pezzo di cuore e sicuramente torneremo. Intanto in poche ore di cammino siamo a Tarishing, per la prima volta dopo un mese si dorme in un letto.